Testo di: Mark Kostabi - Un artista suonato

Mark Kostabi: Un artista suonato.
Intervista a cura di Michele Beraldo.

B. Ci vuoi raccontare del perché hai pensato di delegare il lavoro strettamente pittorico ad altri artisti?

K. Funziona così perchè è una grande tradizione nel mondo dell'arte, lo faceva Giotto così come Rubens e molti altri; è una cosa normale nella storia. D'altra parte mi prendo gioco degli intellettuali, li scandalizzo dicendo loro che non dipingo i miei quadri, E' una sorta di performance che mi diverte molto.

B. Quale significato si può dare al Kostabi World: si può parlare di un sistema integrato tra arte e business, di una sorta di bottega rinascimentale in cui ciascuno ha un proprio compito e in cui l'artista maestro è anche l'impresario, il manager?

K. Esatto, si tratta di una bottega rinascimentale collocata nel nostro tempo. Ho cominciato a coinvolgere altri pittori nel 1988 quando ero a New York già da alcuni anni, e lì ho fondato il Kostabi World: un insieme di iniziative di natura artistica e commerciale organizzate secondo un modello di impresa vera e propria. Attualmente ho venticinque collaboratori di cui quindici sono pittori e tre creativi, gii altri sono impiegati che si occupano dell'amministrazione. Naturalmente li conosco tutti, so come ognuno lavora, quali sono le attitudini dei singoli. Quindi li adopero coralmente: ho un esperto per i fondi atmosferici, un altro che si è specializzato nei contorni precisi, uno che è un autentico miniaturista, uno che è abilissimo nelle sfumature, un altro ancora che va bene perle grandi dimensioni. Sia chiaro: quasi tutti possono fare tutto, ma con qualche eccezione, se c'è un colore che non mi piace lo faccio cambiare. I miei bozzetti non li do da eseguire a caso; so, ad esempio, chi è un sensibile colorista e chi, invece, preferisce le sfumature dei bianconeri. L'importante è che ognuno dei miei collaboratori, sia messo a suo agio: che sia cioè soddisfatto di ciò che gli chiedo di fare.

B. A proposito di bozzetti: nel nuovo spazio Libreria Ferrarin, assieme ai tuoi quadri presenti i disegni preparatori, realizzati da te stesso. Se non sbaglio credo sia la prima volta che ciò accade.

K. Anche se ciò capita di raro - la prima volta che li ho esposti è stato due o tre anni fa a New York - la novità assoluta è invece che qui, nello spazio espositivo di Giorgio Ferrarin, accanto ai bozzetti vi sono anche i quadri realizzati a New York dai miei collaboratori sulla base dei disegni che ho appositamente preparato. Possiamo quindi parlare di prima assoluta mondiale per quanto riguarda questo progetto.

B. Come avviene la preparazione di un tuo lavoro?

K. Disegno con la matita ma anche con le forbici. Voglio che tutto coincida perfettamente. E non ho alcun problema a cambiare, anzi mi piace perfezionare ogni dettaglio. Voglio arrivare ad un’armonia totale; e insieme all'armonia voglio raggiungere l'effetto, anche espressivo, quindi simbolico, che desidero e che, magari, muta di volta in volta dentro di me. Terminato il bozzetto lo invio nel mio ufficio di New York, oppure in Canada o a Landra dove risiedono altri miei assistenti, e lo faccio realizzare secondo le mie indicazioni precise.

B. Non hai paura di svelarti, di far conoscere al pubblico come lavori?

K. Non ho mai voluto creare dei misteri sulla mia attività. Se svelato il mistero diventa più interessante; quando dico tutto non ho più niente da nascondere e credo che questo proposito muova più curiosità ed interesse rispetto al non detto, che poi spesso porta ad equivoci e dissimulazioni.

B. I soggetti realizzati in occasione della mostra sono legati al tema della musica, si può facilmente dedurre che la musica ha una rilevanza notevole nella tua vita. Quale relazione esiste tra il tuo lavoro di pittore e quello di musicista?

K. L'attività è quasi uguale: in entrambi i casi parliamo di ritmo, contrasti, sfondo, primo piano. La musica è una realtà metafisica che incontra volentieri la pittura e la letteratura. Sono linguaggi differenti ma nel contempo molto simili e tutti appartengono al mondo dell'arte. Non per niente in alcuni di questi quadri riproduco il pianista assieme ad un libro che è il simbolo della conoscenza. Per me l'arte e la conoscenza sono alimenti per il nostro spirito e non possiamo farne a meno.

B. Aiutaci a leggere alcuni di questi quadri: ci sono due pianisti, uno ricurvo che forse suona con maggiore trasporto, con più passionalità e un altro più elegante nella postura e raffinato nel movimento ma forse più distaccato. Per quale motivo li fai convivere assieme? C'è forse un significato?

K. Quello che hai osservato è pertinente. La rappresentazione dei due pianisti vuole indicare la possibilità di far convivere due generi musicali diversi: il jazz e la musica classica. Creo una sorta di matrimonio per dimostrare che possiamo stare insieme anche se siamo diversi; si tratta naturalmente di simboli, e come tali si rivestono di un significato universale.

B. Nei tuoi soggetti si misura una certa tensione verso l’armonia; la disposizione dei "personaggi manichini” all'interno di architetture rinascimentali e dechirichiane è coerente con questa visione? E' un tuo particolare modo di dare ordine alla vita, di interpretare il mondo secondo un modello di ordine ed equilibrio?

K. Forse sì, mi trovo d'accordo con questa lettura. In qualche modo la pittura rappresenta sempre qualche cosa di personale e non è riduttivo dire che faccia da specchio alle nostre esistenze. La mia vita è organizzata con un criterio molto ordinato, per certi aspetti manageriale. La mia attività deve essere pianificata con largo anticipo e devo seguire una programmazione del lavoro che coinvolge più persone
quindi per necessità non potrei neppure volendo essere disordinato. L'armonia naturalmente la cerco e la auspico anche a livello sociale.

B. Una domanda piuttosto scontata: perché le figure umane che rappresenti non hanno un volto riconoscibile?

K. Con la mia pittura cerco di realizzare un linguaggio universale e il miglior modo per trasmettere questo linguaggio è quello di rendere anonimo e privo di connotati fisionomici l'omino che caratterizza la mia pittura. Lascio che il volto di questo everyman venga riempito dagli altri attraverso la loro immaginazione.

B. La pittura è un insieme di mestiere e ispirazione. Senti ancora il richiamo della vocazione artistica?

K. Sempre, dal primo giorno che lavoro. Essere ispirati è una piacevole avventura per scoprire l’anima dell'umanità e di me stesso. Dipingere o disegnare per me non è mai stato un lavoro pesante, ancora oggi quando mi sveglio al mattino sono sempre felice e pieno di fantasia e non vedo l'ora di inventare nuove cose. Il mio segreto è quello di una continua mia ricerca sui significati dell'immagine. Diversamente dai bambini che vivono una vita da “prigionieri” perché devono seguire le indicazioni dei genitori, noi adulti possiamo fare quello che vogliamo in assoluta libertà ed è questa la nostra forza: disporre della creatività senza porsi alcun limite e senza che alcuni te lo pongano.

B. Non hai mai avuto paura di ripeterti?

K. Anche se mi ripeto non è grave, l'arte è come un linguaggio: non possiamo fare a meno di ripetere alcune parole come “buongiorno", “buonasera", “come stai?” ecc. Perciò non è grave ripetere qualche immagine. Anche la parola “buongiorno" si manifesta in più modi in base alla tonalità della voce, all'entusiasmo nel dirla ecc. E perciò non è mai la stessa. Così un quadro non si ripete mai due volte, ed anche se realizzo una stessa immagine questa potrà godere di vita propria perché è inserita in un contesto diverso. Il mio approccio con l'arte visiva è molto simile al linguaggio abituale: utilizzo le stesse parole di fondo (il manichino, il pianoforte, il libro ecc.), ma sempre creando nuove situazioni. Andy Warhol si propose di ripetere uno stesso soggetto per sempre ma nonostante se lo fosse proposto non lo fece mai.

B. Essere un artista del proprio tempo che cosa significa per te?

K. Vuol dire, per esempio, non dipingere la mitologia greca ma focalizzare l'attenzione al mondo d'oggi: alle nanotecnologie ed al computer; potrei aggiungere che al Colosseo con i gladiatori preferisco Hayde Park. Ma tutto questo riguarda i miei interessi e il fatto di collocarmi nella mia epoca; d'altra parte, invece, realizzo i miei quadri con tecniche antiche come la pittura ad olio, lo stesso ho studiato e approfondito il disegno, il chiaroscuro e la prospettiva così come ogni artista della storia: per esempio uno dei miei preferiti è Caravaggio ma anche Perugino per lo sfumato e poi Magritte, De Chirico, e naturalmente, per la sua serialità, Andy Warhol. Nei miei quadri cerco sempre di rappresentare elementi che richiamino la cultura. Potrei dire che mi piace molto celebrare la musica e la conoscenza, li ritengo strumenti indispensabili per la crescita morale di noi stessi. Se si leggesse e studiasse di più si eviterebbero molte guerre.

B. Quale ritieni possa essere il ruolo dell'arte nella società odierna?

K. E' sempre più importante e indispensabile: l'arte può salvare il mondo; lo diceva anche Dostoevskij che “la bellezza salverà il mondo”. Da un punto di vista commerciale ed economico l'arte è una forma di potere e perciò molto rispettata, basti pensare a quanto valgano oggi quadri di Warhol o di Basquiat.

B. Qualcuno ti ha già fatto questa domanda ed io te lo ripropongo: non pensi che con il passare del tempo e delle mode i collezionisti spostino i loro interessi verso altri interessi artistici e che il fenomeno Kostabi World possa perdere lentamente di interesse?

K. È possibile ma fino ad oggi non è successo. Anche quindici anni fa ritenevano che dovessi passare come una cometa ed invece mi trovo sempre sulla scena dell'arte più forte che mai. In questi giorni ho inaugurato alla presenza di Papa Benedetto XVI una statua di Papa Giovanni Paolo II commissionatami dalla Provincia di Roma. Mi sembra perciò di non essere ancora passato nel dimenticatoio.

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