Riccardo Guarneri: Arie di luce. Testo Critico a cura di Claudio Cerritelli.
1. Il percorso creativo di Riccardo Guarneri è evocato nelle opere scelte per questa mostra in tutti i processi della sua ricerca intorno agli elementi primari della luce e alle cadenze ritmiche dello spazio pittorico. Dai primi Anni Sessanta l'immagine dipinta è affidata alla qualità rarefatta della materia, alle sensibili vibrazioni cromatiche che dissolvono l'identità del reale adottando bagliori percettivi, tensioni spaziali calibrate oltre le misure costruttive delia geometria. L’ideale di Guarneri è uno spazio disancorato dagli oggetti, dalle presenze effimere, dai luoghi riconoscibili, uno spazio immaginato nella dimensione di rapporti segreti che captano l'immagine in tutta la sua estratta purezza. La realtà della pittura non riesce sempre a cancellare la memoria delle cose e spesso l'idea di uno spazio radicale e assoluto deve fare i conti con l'urgenza di altri stati d'animo, tracciati emotivi legati ai valori sensoriali dell'esistenza. Linee e grafie assumono percorsi di relazione con il vuoto, alfabeti mentali che accrescono la possibilità di inventare nuovi respiri della luce, soprattutto quando è il bianco ad accogliere i segni della matita, i vapori dell'acquerello, i leggeri fili che si diramano sospesi, in cerca di impercettibili equilibri. L'atmosfera lirica che anima l'idea di costruzione pittorica è il carattere costante che accompagna la visione di Guarneri in ogni scelto formale, sia quando egli affida l'identità dell'immagine alla precisione compositiva di quadrati, rettangoli e rombi, sia quando crea dislocazioni e ritmi anomali che fanno slittare lo spazio verso l'esterno, oltre il perimetro circoscritto della superficie. L'uso delle diagonali nasce dall'esigenza di continui spostamenti, dalla volontà di negare i vincoli dello spazio simmetrico per acquisire una maggiore libertà compositiva, soprattutto per assecondare il senso di continua apertura delle forme sensibilizzando le loro dinamiche strutturali. Per ottenere questa spazialità espansiva Guarneri lavora sulle tensioni interne della geometria, insegue la rarefazione del colore e la sottigliezza delle linee, smaterializzando il corpo dell'immagine fino a farne pura vibrazione luminosa. Alle variazioni del quadretto si affiancano altri ritmi strutturali, angoli acuti e ottusi, archi di cerchio, orientamenti accuratamente predisposti per creare una complessità percettiva instabile, uno spazio inquieto. Così, se la ricerca di Guarneri è stata negli anni Sessanta più radicale nel configurare lo struttura dell'opera, bisogna riconoscere che nelle stagioni successive essa ha attinto la propria sostanza immaginativa da una più articolata presenza di tramiti visive segni, macchie, sfumature, vibrazioni calligrafiche. 2. L'intenzionalità del fare pittura significa per Guarneri una profonda adesione ai presupposti lin guistici che privilegiano la trasfigurazione spaziale della geometria come campo percettivo del colore-luce, dalla sintesi del bianco su bianco alle variabili trasparenze cromatiche inventate nel corso del tempo. In una riflessione del 1974 l'artista allude a "una geometria più interiore che formale" ripercorrendo un'esperienza personale che vede i segni alludere "quasi a una trama-scrittura fisiologica del movimento del polso nell'atto del fare pittura, tendere dunque al significato nel loro assieme, nella tonalità della superficie sensibilizzata". L'artista non nutre alcun sogno minimalista, non rinuncia alle sensazioni liriche del colore, approda alle gradazioni silenziose del bianco-luce attraverso lievi oscillazioni di strisce sovrapposte e diversamente inclinate sulla superficie. L'idea di geometria è affrontata come condizione problematica della forma, relazione mutevole tra analisi strutturale del crampo percettivo e ricerca del senso poetico del colore. Guarneri si stacca dal concetto convenzionale di rappresentazione attraverso il divenire delle tensioni cromatiche, movimenti che vanno verso la soglia dell'ambiguità, sospensione degli elementi d'identificazione dello spazio. In tal senso, pensare la pittura significa esaltare la sua fisicità, consegnare la sua esperienza agli infiniti accadimenti del colore-luce, per ipotizzare "un nuovo modo di vedere, allargando/aumentando il campo della percezione". Un'altra riflessione di Guarneri riguarda la necessità di legarsi al senso della pittura di sempre, lontana dai mezzi spettacolari e tecnologici che ne tradiscono l'intima ragione storica. "A me piace - ha dichiarato l'artista - che la pittura si serva del suo medium specifico che poi è la pittura stessa, quella pittura che per il suo particolare linguaggio riesce a comunicare emozioni e sensazioni che sarebbero impensabili in altre forme di linguaggio". La pittura è una disciplina che cerca in se stessa il proprio rigore, essa esprime l'impossibilità di seguire un orientamento univoco, in questo senso l'arte di dipingere è saper affidare tutti i progetti a un colore iniziale, ad un segno magico, ad un corpo originario, ad una struttura in cui ci sia qualcosa di potenziale, che possa svilupparsi con gli altri elementi della visione. Non c'è pittura creativa al di fuori di quest'azione immaginaria, senza quel senso di energia luminosa che sommuove le forme, infrange le simmetrie, fa fluttuare i colori, inclina gli orizzonti, creando slittamenti tra un campo e l'altro. 3. Negli Anni Ottanta la pittura non smette di riflettere su stessa elaborando nuove tentazioni immaginative, Guarneri sviluppa le trasparenze della luce accrescendo la sensazione di uno spazio colmo di memorie. In una stessa opera è possibile cogliere la sintesi dei procedimenti operativi legati a molteplici stati espressivi, in ogni ciclo di ricerca si avverte un più complesso svolgersi di scritture invisibili e di macchie trasparenti, una leggerezza istintiva che muove l'aria della superficie verso direzioni variabili, inesplicabili, segrete. Tra il segno e l'acquarello si stabiliscono relazioni sempre diverse, lo sguardo è sollecitato a seguire il tratteggio della matita, il sottile esercizio della scrittura, le varie consistenze del colore, ogni scelta operativa fa emergere forme sospese nel vuoto, respiri impercettibili nell'aria immateriale della superficie. Tra gli orizzonti delineati possono nascere improvvisi accadimenti, lievi lacerazioni, linee rette sfiorate da atmosfere vaporose, scritture illeggibili avvolte da soffi di luce, apprensioni emotive che caricano lo spazio di turbamenti cromatici e vibrazioni segniche. La geometria lascia intuire spazi sconfinati, gli orizzonti lineari indicano altrettante possibili soglie da oltrepassare, ma anche la necessità di una pausa meditativa, l'esigenza di prendere le distanze da tutto, contemplare il campo del colore per avviarsi verso qualcosa d'irraggiungibile. Ogni minima variazione compositiva vuole restituire il senso di un primordiale incanto, visione lirica, poema dipinto, costruito e cancellato, descritto ed evocato, raccontato eppure sempre avvolto nel mistero luminoso delle forme. Per comunicare l'impalpabile soglia del visibile Guarneri si affida spesso all'evanescenza dei pigmenti, impronte del pensiero che evocano la dimensione assoluta dello spazio, ombre luminose la cui verità visiva corrisponde alla qualità fisica del colore. Questa condizione di ricerca non esclude la presenza di emozioni che vengono da lontano, orizzonti che nascono e svaniscono nell'atto stesso di osservarli, nello stesso istante in cui prendono forma. Lo spazio-luce della superficie è attraversato dai flussi della memoria, ogni riferimento figurale è trasfigurato dal colore, per esempio l'effetto del bianco ha il potere di togliere anche i minimi contrasti, di attenuare le difformità e di risolvere le differenze formali nella magica luminosità del tutto. Tra le tecniche che nutrono l’immaginazione di Guarneri, l’acquarello ricopre un ruolo privilegiato, capace di sollecitare l'incanto dello stupore spaziale, il respiro interno del colore, il sogno di una luce purissima dove lo sguardo sembra perdersi nel nulla, nella sostanza stessa dell’aria. Per questo motivo, l’osservatore ha bisogno di esercitare un lungo tempo di lettura, di affinare la capacità di svelare la complessità dell’opera osservandola sia nei minimi dettagli sia nell’insieme totale, spesso al limite della sua stessa possibilità di rivelarsi. In questa relazione tra razionalità e sensibilità, i micro-segni tipici di Guarneri entrano in gioco come scritture trasparenti in relazione con i segni più strutturati, sollecitando un dialogo tra diverse possibilità che lo sguardo ha di percepire i ritmi mutevoli del colore, le sue avventure ininterrotte, il suo tendere verso la dimensione sospesa della luce. 4. Con questo sentimento del dipingere Guarneri attraversa le impervie vicende della pittura aniconica con la convinzione, condivisa da diversi altri artisti della sua generazione, che il soggetto del dipingere sia comunque e sempre la pittura stessa o, meglio, la memoria del colore o, ancora, la possibilità di portare quello spazio determinato verso una percezione non misurabile. Il viaggio verso questa interminabile rivelazione è stato ed è laborioso, sorretto da una sensibilità attenta a ogni minimo slittamento del linguaggio, alla verifica dei suoi passaggi interni, alle sue reciproche risonanze. Nelle opere degli anni Novanta si avverte che la visione non ha limiti temporali e lo spazio è abitato da gesti silenziosi, vapori colorati, impronte di cose perdute e ritrovate, sensazioni primarie che la memoria evoca con intatta purezza. L'artista suggerisce atmosfere musicali nel ritmo delle linee e delle fasce colorate, secondo andamenti paralleli o leggermente obliqui, come un liberarsi di energie nel vuoto, punti instabili che vagano come ombre nella luce. Del resto, materializzare il vuoto, rendere visibile l'aria, dipingere la luce solare della mente è una sfida che crea sgomento, eppure Guarneri non s'è mai sottratto ad essa, ha provato l'estasi del bianco desiderando anche un po' di celeste, il profumo del rosa e il sibilo del viola, mentre altri colori possono assumere anche la forma di nuvole. Memorie di paesaggi luminosi, architetture della memoria, riflessi di ombre e limpidi tracciati, pensieri in tensione verso i bordi, spazi del dubbio: in effetti il pittore mostra ciò che sulla superficie è possibile trattenere, affida al colore la funzione di toccare l'invisibile. Spaesato tra il tempo della creazione e le persistenze del suo stile Guarneri muove gli elementi del linguaggio per risvegliare ogni volta la luce con i suoi strumenti preferiti: matite colorate, pastelli, gessi, gli immancabili acquarelli. Tra favole ragionate e riflessi di favole lontane la pittura è presente a se stessa, si muove tra linee rette e macchie vaganti, questi elementi non entrano mai in collisione ma rispettano i campi distinti, come nel gioco dei contrappesi. Nella costruzione dell'opera nasce un colloquio tra una parte alta e una bassa, variamente alternate, una strutturale e l'altra mutevole, la prima costruita da rette sovrapposte, la seconda giocata sugli umori del colore. Raramente questa distinzione viene tradita, anzi è necessario che si mantenga tale per alimentare il rapporto dialettico tra le ombre di luce e le fasce colorate, tra la vaghezza delle emozioni aeree e il rigore delle ragioni costruttive. Ciò non esclude che in una sola immagine possano sovrapporsi e mescolarsi i diversi modi di dipingere di Guarneri, dal segno alla macchia, dalla pura linea alla delimitazione delle fasce cromatiche, dall'acquarello al pastello. Ne scaturisce un ritmo vibrante, una sintesi espressiva, una sorprendente forza immaginativa, un moto perpetuo dove il progetto spaziale, il gesto del fare, del segnare e del lasciar traccia del proprio fluire stanno in un rapporto continuo. Si tratta cercare ulteriori stati emotivi della pittura, significa contrapporre volutamente diverse temperature per ricavare nuovi trasalimenti tra i rosa e gli azzurri, i verdi e i gialli oppure la gamma inesauribile dei bianchi e dei grigi. Dentro il bagliore totale della superficie cogliamo la presenza attiva dell'ombra, essa nasce dal soffio della luce, nel senso che quello stesso valore di luce si origina dall'ombra, si annida in essa, provoca insolite apparizioni. 5. Nello spaesato racconto immaginativo che Guarneri suggerisce durante l'ultimo decennio di ricerca il tema della felicità creativa si sposa direttamente con il piacere del dipingere, questa sembra la certezza visibile nelle opere in cui l'artista racchiude gii orizzonti luminosi del passato e le nuove movenze del colore che insorge determinando direzioni oblique, immagini in bilico. Il mistero della costruzione continua a essere il punto di riferimento di ogni bagliore che si accende all'interno del colore, sia che si tratti di evocare l'atmosfera delle stagioni sia che prevalgano le sonorità interiori dell'inconscio, talvolta a sedurre l'artista èil desiderio di alzare lo sguardo verso altezze celestiali, spazi torse inaccessibili ma sempre desiderati, proiezioni spaziali che accompagnano le serenità di sguardo con cui Guarneri vive questa fase di profonda riflessione sui fondamenti della propria storia creativa. Questa consapevolezza comporta un diverso modo di sentire la continuità con il passato, un senso di libertà che permette di calibrare tutti i caratteri del suo inconfondibile alfabeto senza avvertire gli ipotetici disagi della ripetizione e neppure i possibili esaurimenti degli elementi in gioco. Il trasmutare da un colore all'altro accompagna il susseguirsi dei campi pittorici, talvolta attirati verso la vertigine verticale delle linee, in altri casi osservati dall'alto, mappe di astratta purezza dove i quadrati sembrano oscillare nei pulviscolo gravitante dei colori. Talora si avverte qualche fantasma figurale, l'eco di misteriose presenze che sconfinano dall'umano all'angelico, tracce di visionarie emozioni che l'artista rivela nelle zone nascoste nelle ombre, aloni indistinti che non hanno margini di riconoscibilità. Del resto, nell'attuale fase di ricerca, pur avendo piena coscienza delle sue acquisite esperienze, Guarneri è sempre interessato agli eventi sorprendenti del pensiero intuitivo, al suo modo di rivelarsi attraverso le qualità permutative del colore, ragione vitale per continuare a dipingere arie di luce, contini indefiniti tra lo memoria del vissuto e la visione di orizzonti sconosciuti.
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